giovedì 26 maggio 2011

catena-chiave












Sono giorni in cui osservo le cose.
Che capitano alle persone.
Tengo gli occhi spalancati.
La mente serena.
L'attenzione massima.
Vivo all'erta, ma senza un senso di pericolo.
Nemmeno un'urgenza.
Leggo, guardo, ascolto.
Le cose capitare.
Le cose accadere.
Il mondo procede a balzi.
Le frequenze sono accelerate.
I mutamenti quotidiani.
Per i singoli come per le masse.
Gli scenari assai variabili.
I futuri? Imprevedibili.
Quel che è certo è che qualcosa accadrà.
Non ci si puo' sbagliare.
Lo dicono le cose.

Sono giorni in cui osservo attentamente.
Lentamente.
Per fotogrammi.
Con lo sguardo più imparziale che conosco.
Senza giudizi.
Nè condizionamenti.
Evitando previsioni.
Tralasciando le ragioni.
Guardo le cose veloci che capitano agli altri.
Che capitano a tutti.
Rifletto il generale sentimento di attesa.
Lo assecondo.
Semplicemente stando.
Osservo le persone che si vestono di cose.
Che succedono, come i fatti.
Che ragionano per logica,
che si esprimono per simboli,
che protendono obiettivi,
che subiscono le colpe.
Persone di pensieri,
come le storie,
dette e fatte.

Ed è lì che comprendo.
Nell'esilarante soggettività del tempo.
Nella disarmante vastità di variabili.
Nella plastica eleganza della mente,
l'insaziabile senziente,
l'utente archiviato,
la catena-chiave.
Colgo finalmente il senso di “abbandono”.
Il significato di “uno”.
Sfioro una timida idea di dio,
al convergere di tutte queste strade.
Un unico inesprimibile soggetto,
che vive di tutte le vite.
Il potenziale illimitato.
Il vuoto pieno.
A cui finalmente ritorno.
Osservandomi osservare.

Smetto di spiegare la risposta.
E la divento.

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