venerdì 27 maggio 2011

d'esser








 
Perché parlare, in fondo.
(Comunicare, intendo).
Perché provarci.
Sfiatando concetti,
stendendo parole, come mercanzie,
esibendo ricami,
prodotti della mente,
riflessi,
sbraitando talvolta,
sussurrando talaltra.
Cercando sempre nuovi nomi, nuovi suoni.
Nuove forme.

Non è certo una questione d'onore.
Non significa l'ardore.
La ragione è la paura.
D'esser, prima che di fare.
Di diventare forse.
Continuando a improvvisare.

Soffoco,
per le troppe arie attorno.
Voci di sirene.
Compresse, come medicine.
Mi dimentico chi siamo.
Quanti e quali.
(Tutti, in fondo).
Perdo di vista il segnale.
Quel punto brillante alla fine.
L'uscita e il ritorno.
La direzione.
Per questo urlo.
Spavento.
Mi agito.
Svolazzo inconcludente, incappando in pareti di parole.
Scambiando un vetro col suo esterno.
Sono rose profumate che m'impigliano.

Ho paura.
Di questo parlo.
Dell'enorme bestia alle tue spalle.
Inventando la parola “tigre”.
Richiamando l'attenzione.
Non importa quanto conta.
E' soltanto una reazione.
Se potessi controllarla
sarei altrove.

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