mercoledì 30 novembre 2011

c'è grossa crisi












l'eventualità di un collasso generale è ormai probabile, più che possibile.
la tanto declamata crisi fa capolino da ogni dove.
ostentata, quasi, dalle persone. in cerca d'attenzione.
difficoltà, aggiornamenti, previsioni.
scambiate impressioni.
dialoghi tra poveri.
in competizione.

ricordo tempo fa, chi strillava già da un po'.
chiamati pazzi.
esagerati.
lavoratori di fantasia.
cospiratori.
la loro terra tonda era impossibile, anche solo da immaginare.
troppo grande, destabilizzante.
non valevano candele i loro giochi.
troppo astrusi i loro voli.
la vita era soltanto pedalare.

ora, invece, franano certezze.
si sgretolano, come palazzi.
demolizioni controllate.
passati che riemergono.
futuri che scompaiono.
l'evidenza di una regia occulta, assurdamente egoista, miseramente crudele.
i loro oscuri piani.
gradualmente disvelati.
ulteriore materiale per prime time.
indottrinamento per cavie.

quello che non vedo è il dubbio.
l'abbandono all'ignoranza.
il "so di non sapere e dunque cerco".
il "sono pronto a cambiare".
il "chi sono io?", come unico motore.

di paura c'è n'è tanta.
abbonda come grasso.
spinge a correre ai ripari.
si traveste da spavalda indignazione.
da ironico accerchiamento.
"siamo qui!", sento gridare. stretti attorno al centro.
pronti a scattare, se ce n'è l'occasione.
a dar la colpa al mondo.
ai soldi.
ai potenti.
alla politica.
al consumismo.
agli stranieri.
agli errori.
non alla paura.

i nostri sensi sono filtri.
non raccolgono tutto.
ci sono gamme di frequenze a noi accessibili.
altre, semplicemente, inarrivabili.
la realtà è, dunque, interpretazione.
qualsiasi realtà, anche la materia.
perfino la ragione.
ricostruzione mentale.
riduzione ai minimi termini.
schematica approssimazione.
abbassiamo l'infinito al nostro stadio.
ci diventa comprensibile.

la crisi, credo, è un'opportunità.
uno spiraglio siderale.
per riconsiderare il presente, le nostre convinzioni più profonde.
la nostra relazione col reale.

oggi tremano bruchi.
domani voleranno farfalle.

mercoledì 5 ottobre 2011

Brava Gente


conosco tanta brava gente.
rispettabili, amorevoli individui.
onesti con sè stessi, ognuno a proprio modo.
tutti attenti a viver bene.
a guadagnare metri.
a scalar valori, come alpinisti.
farciti di certezze, come cannoli.
con le risposte pronte, come comandi.

cosa vuoi che gli domandi?
perché c'è gente grassa e gente magra?
perché c'è gente ricca e gente no?
loro sono la gente!
brava, irreprensibile gente.
talmente indaffarati che sembrano motori.
è il mondo che è cattivo, risponderebbero.
il mondo, mica loro.





martedì 9 agosto 2011

Start trippin'












Finalmente parto. Come molti, con la coda tra le gambe.
Spaventato a morte, più che stanco.
A cercar ripari. Benefici.
Abbandonando pesi morti.
L'avvenire come l'oggi.
Viaggio leggero. L'ho imparato. Occhi e cuore solamente.
Il percorso è il mio bagaglio.
La crisi generale che diventa personale.
Stati tremolanti come terre.
Costanti incerte.
Polveri e fuochi.
Fallimenti.
Smarrimenti.
Tempi bui sugli orizzonti.
Nuvole amare.
Stelle radenti.
Il Sole che martella, bombardandoci di luce.
La Terra, che si lecca le ferite.

Ho soltanto voglia di mare.
Di montagna.
Di natura semplice.
Di refrigerio.
Di poche case attorno. Di poche cose.
Tutte utili. Nessuna indispensabile.
Ho voglia di meno soldi.
Ancora meno. Quasi zero.
Né debiti. Né crediti. Per tutti.
Perché ho voglia di realtà. Assoluta.
Di buon senso generale.
Di bellezza incomparabile.
Di ricchezza dovuta, partecipata.
Non guadagnata.
Non comprata.
Ho voglia di goderne in compagnia.
Legati gli uni agli altri. Anche se si è soli.
Ho voglia di scelte aperte.
Condivise.
Di giudizi obiettivi, reali.
Non condizionati.
Giustamente funzionali.
Collettivi e personali.
Omaggiati.
Digeriti.
Senza indugi.

Per questo parto.
Spaventato a morte. Con la coda tra le gambe.
Scappo da un ordigno ormai innescato.
Per non saltare in aria.
Oppure evaporare.
Torno in posti sconosciuti.
Da nuovi baci. Da volti noti.
A raccogliere il piantato.
A seminare.
Corro a prendere lo slancio.
Per cominciare.

domenica 31 luglio 2011

enjoy the silence










Le parole scappano.
Maldestre, come ladri improvvisati.
E i pensieri mi si incastrano.
Grovigli di progetti che si annodano.
Fuorvianti, come chimere.

In testa ho tanto rumore.
Accumulato.
Non desidero nient'altro che stare.
In “stestate” di giostre in disuso.
Non decidere.
Non fare.
Solo andare, dove porta l'odore.

Attorno si prepara il putiferio.
La terra comincia a scottare.
C'è chi finge di scaldarsi.
Chi comincia a saltellare.
Chi da anni grida al pericolo.
E ancora perde tempo a chiacchierare.

Studio i comici.
Gli attori.
Gli scienziati.
I visionari.
Non teorie. Non correnti.
Solo uomini.
Pensieri altrui.
Per apprendere.
Per confermare.

Non immagino un futuro prossimo.
Non voglio e non ci riesco.
Credo solo sia vicino.
Il cambiamento.
Quel momento.
In cui tutto sarà fermo.

M'immagino il silenzio.

sabato 2 luglio 2011

vergogna!









vergogna.
è questo ciò che provo.
per non essere anch'io là,
al fianco di chi combatte.
di chi rischia davvero la vita.
di chi la perde.
non tanto per un'ideale.
per un'ossessione.
per la "libertà".
per la "democrazia".
ma per la vita stessa.
che è una.
assoluta.
fottutamente concreta.

vergogna.
tutti dovreste provarla.
voi che leggete, scrivete, vi informate.
voi che ancora vi indignate.
voi che sareste pronti a ucciderlo il vostro nemico.
perchè tutti ne avete uno.
i vegani e i cacciatori.
i ricchi e gli straccioni.
i potenti e i più comuni.
attribuite vostre colpe.
vi affannate a condannare.
ne parlate a profusione, solo quando vi conviene.
incastrati nello stesso odio che dite di combattere.
la tragedia è sotto i vostri occhi.
ma voi non vi abbassate.

fate schifo.
voi coi vostri mutui.
coi vostri mestieri.
con le vostre frasi fatte.
coi problemi.
voi col phone, col blog e col post.
condividenti nullità.
fate schifo.
voi che ancora riuscite a divertirvi. 
perchè vi basta poco.
come se niente fosse.
che ammazzate il tempo, piuttosto che impiegarlo.
padri di famiglia.
artisti sciroccati.
mediocri giornalisti.
pseudo-calciatori.
casellanti inoperosi.
dipendenti autonomi.
studenti, preti e casalinghi.
voi fate schifo.
perchè lo sapete.
lo sentite.
ma guai ad ammetterlo a voi stessi.

la vostra guerra è interna.
siete uno contro l'altro.
riflette il vostro ego.

spero che perdiate in fretta, bastardi.

lunedì 20 giugno 2011

Il resto non è altro

 








La materia è vibrazione.
Energia rappresa.
Minuscole molecole, costrette in vicinati.

Non c'è solido in quanto tale.
O pieno.
O fermo.
Lo spazio è un'autostrada.
Un via vai di forme d'onda.
Flussi migratori, scambi informativi e luce.

Non c'è vuoto in quanto tale.
O buio.
O solo.

Fatico a ritrovarmi.
Dopo tutta 'sta abbondanza di fotoni.
Guardarmi le mani.
Sentirle mie.
Quali confini?
Raggi d'azione?
Io sono dappertutto.
Sintetizzo proteine.

Giorno dopo giorno.
Enzimi a tonnellate.
Il mio corpo è una fucina.
Non so proprio come faccia.
A cambiare il mio respiro in sangue.
I miei intenti in movimenti.
Pensa e sposta.
Usa.
Muscoli e occhi.
Tendini e bile.
Organi e ghiandole.
Orecchie naso cuore.
Fegato intestino pelle.
Fa quello che deve fare.
In maniera inconsapevole.
Per il solo fatto di esser vivo.

E' per questo che mi annoia l'ignoranza.
Presuntuosa, come la cultura.
Chi rifiuta di vedere, nonostante le evidenze.
Chi persiste a elucubrare, per questioni di controllo.
E' il tempo che precede la partenza a martoriarmi.
Gli argomenti ancora futili.
Le coerenze, che divergono.
Trattenersi.


Siamo onde dello stesso mare.
Gocce condensate. Separate da un niente.
Siamo fatti di infinito.
Nati assoluti.
Sempre presenti.
Comunque vivi.
Il resto non è altro.












mercoledì 1 giugno 2011

fuoco amico












Sono giorni di biologia molecolare.
Di astrofisica non convenzionale.
Di quantistica del pensiero.
Esploro le frontiere della scienza,

sdraiato in trincea,
ad evitare raffiche,
provando prove.
Guardo il mio futuro diventare.
Ben conscio del ruolo
che l'osservatore ha
nella creazione.
Stando attendo al pensar male.

Avrei voglia di scuoterli,
questi carichi di frutti,
questi comici pensanti,
che nemmeno si conoscono.
Dimostrare la natura del dualismo,
instillato nel cervello, strato opaco.
Ridurre oscillazioni.
Consolare.
Proporre letture.
Visioni.
Trampolini.

Proprio come prima.

Poi mi chiedo.
Non rispondo.
Guardo un altro battaglione battagliare.

Metto a fuoco amico.

La pace è interruzione.

martedì 31 maggio 2011

altrochè rivoluzione












Abbiamo vinto.
Perso.

Forse pareggiato.
Comunque partecipato.
Abbiamo svoltato.

Smentito pronostici.
Confermato tendenze.
Sofferto.

Determinato.
Il futuro è finalmente cominciato.

La rivoluzione è sempre colorata.

Chissà perchè.
Ovunque emerga, ovunque scoppi.
Indossa una maglia, come nel calcio.
La viola, la verde e l'azzurra. A Milano l'arancione.
La politica è cromatica.
La scelta è di stile.
Belli contro brutti.
Buoni o cattivi.
Noi contro di loro.

Ci spaventano gli estremi.
Troppo marcati.
O l'astensione ragionata.
Troppo trasparente.
Preferiamo un equilibrio di facciata.
Un trucco da due lire.
Una sfumatura comoda.
Sventolare bandiere.


Abbiamo vinto.
Perso.
Forse pareggiato.
La partita è ormai finita.

Abbandonare lo stadio.

sabato 28 maggio 2011

strani umani









Strani gli umani.
Si travestono da eroi.
Da sopravvissuti.
Ti raccontano battaglie,
vinte o perse, poco importa.
Le combattono ogni giorno.
Sanno bene cosa dicono.
Si prodigano in consigli, specialmente i più “adulti”.
Soprattutto gli "amici".
Sciorinano consigli di vita.
Raccomandazioni.
Sembra che conoscano benissimo gli ostacoli.
Affezionati, quasi, agli insuccessi.

Strani gli umani.
Sembrano persi.
Nelle amnesie.
Nelle ricorrenze.
Nelle fedeltà agli ideali.
Nelle scelte, soprattutto. In quelle errate.
Si giustificano, ecco.
Hanno una giustificazione per tutto.
Un'opinione.
Non uno che dica boh.
Non lo so.
Perché no?

Strani gli umani.
Sembrano imparare dagli errori.
E non permettersi di farne.

venerdì 27 maggio 2011

d'esser








 
Perché parlare, in fondo.
(Comunicare, intendo).
Perché provarci.
Sfiatando concetti,
stendendo parole, come mercanzie,
esibendo ricami,
prodotti della mente,
riflessi,
sbraitando talvolta,
sussurrando talaltra.
Cercando sempre nuovi nomi, nuovi suoni.
Nuove forme.

Non è certo una questione d'onore.
Non significa l'ardore.
La ragione è la paura.
D'esser, prima che di fare.
Di diventare forse.
Continuando a improvvisare.

Soffoco,
per le troppe arie attorno.
Voci di sirene.
Compresse, come medicine.
Mi dimentico chi siamo.
Quanti e quali.
(Tutti, in fondo).
Perdo di vista il segnale.
Quel punto brillante alla fine.
L'uscita e il ritorno.
La direzione.
Per questo urlo.
Spavento.
Mi agito.
Svolazzo inconcludente, incappando in pareti di parole.
Scambiando un vetro col suo esterno.
Sono rose profumate che m'impigliano.

Ho paura.
Di questo parlo.
Dell'enorme bestia alle tue spalle.
Inventando la parola “tigre”.
Richiamando l'attenzione.
Non importa quanto conta.
E' soltanto una reazione.
Se potessi controllarla
sarei altrove.

giovedì 26 maggio 2011

catena-chiave












Sono giorni in cui osservo le cose.
Che capitano alle persone.
Tengo gli occhi spalancati.
La mente serena.
L'attenzione massima.
Vivo all'erta, ma senza un senso di pericolo.
Nemmeno un'urgenza.
Leggo, guardo, ascolto.
Le cose capitare.
Le cose accadere.
Il mondo procede a balzi.
Le frequenze sono accelerate.
I mutamenti quotidiani.
Per i singoli come per le masse.
Gli scenari assai variabili.
I futuri? Imprevedibili.
Quel che è certo è che qualcosa accadrà.
Non ci si puo' sbagliare.
Lo dicono le cose.

Sono giorni in cui osservo attentamente.
Lentamente.
Per fotogrammi.
Con lo sguardo più imparziale che conosco.
Senza giudizi.
Nè condizionamenti.
Evitando previsioni.
Tralasciando le ragioni.
Guardo le cose veloci che capitano agli altri.
Che capitano a tutti.
Rifletto il generale sentimento di attesa.
Lo assecondo.
Semplicemente stando.
Osservo le persone che si vestono di cose.
Che succedono, come i fatti.
Che ragionano per logica,
che si esprimono per simboli,
che protendono obiettivi,
che subiscono le colpe.
Persone di pensieri,
come le storie,
dette e fatte.

Ed è lì che comprendo.
Nell'esilarante soggettività del tempo.
Nella disarmante vastità di variabili.
Nella plastica eleganza della mente,
l'insaziabile senziente,
l'utente archiviato,
la catena-chiave.
Colgo finalmente il senso di “abbandono”.
Il significato di “uno”.
Sfioro una timida idea di dio,
al convergere di tutte queste strade.
Un unico inesprimibile soggetto,
che vive di tutte le vite.
Il potenziale illimitato.
Il vuoto pieno.
A cui finalmente ritorno.
Osservandomi osservare.

Smetto di spiegare la risposta.
E la divento.

elegia del non voto












Eccomi qui.
In questi giorni di elezioni.
Ad un passo dai quesiti referendari.
A schivar consigli.
Proclami.
Proiezioni.
Commenti a caldo.
Mi tappo gli occhi per non scorger vincitori, più che perdenti.
Serro le orecchie, per non sentir lamenti.
Grida di giubilo.
Botta e risposta.
Nuove promesse.

Il voto presuppone partecipazione.
Non è una teoria. E' definizione.
Votare è prendere parte.
Esprimere una scelta.
Legittimare.
Non solo un candidato.
Ma un sistema intero.

Io ritengo che il sistema sia corrotto.
Obsoleto.
Fuorviante.
Malizioso.
L'evidenza è imbarazzante.
E disarmante.

Nel mio mondo l'acqua è di tutti.
Della terra, prima che dell'uomo.
Non pagherò mai per la mia sete.
Non ho bisogno di esprimere una scelta.
Perché la scelta l'ho già fatta.
Chiara e condivisa.
La domanda è postuma.

Non necessito rappresentanze.
So badare a me stesso.
Riconosco il giusto e lo sbagliato.
Perché li ho assaggiati entrambi.
Ne mangio in continuazione...
Dovrei votare perché qualcuno, in un altro posto, che non conosco, decida cosa o meno debba fare?

Non è soltanto anarchia.
Questa cosa è logica.

Anche la democrazia è prevaricazione.
Le minoranze, infatti, subiscono.

E non parlatemi di responsabilità.
Di senso civico.
Di civile convivenza.
Di diritti/doveri.
Di convenienza.
Di tradizione.
Della storia.
Di futuro.
Di costituzione.
Di bandiere.
Di carte dei diritti.
Di mancanza di alternative.
Conosco gli argomenti.

Si potrebbe lavorare dall'interno.
Rosicando centimetri.
Aspettando pazienti.
Fiduciosi e illuminati.
Il cambiamento tanto atteso.
Spendendo parole.
Energie.
Moneta sonante.
Lavoro.
Seguendo correnti.
Reclutando adepti.
Proiettando risultati.

Per me è clamorosamente più semplice.
Un sistema corrotto è soltanto un sistema corrotto.
Perché partecipare?

tzunami











Sentirsi dare dello stupido è paradossale.
E' una sberla sulle orecchie, di quelle che stordiscono.
Non che capiti spesso, per fortuna.
Ma succede, talvolta.
Con qualcuno.
Ed è sempre un po' difficile da sopportare.

Talvolta me lo dicono a parole.
Oppure con lo sguardo.
Si piantano un sorriso sicuro sulla faccia e sentenziano.
S'indignano e me lo urlano.
Scrivono e proclamano.
Sembrano assai certi di sapere.
Si fanno capire bene quando vogliono.

Mi danno dello stupido quando esagero.
Quando spolvero scheletri.
Quando elaboro fantasie.
Quando m'impiccio.
Detestano la curiosità imperterrita, il rigor di logica.
La sensibilità spavalda.
Mi rimproverano l'indelicatezza dei modi.
Il fatto che disturbo.
La mia personale passione per i dubbi.
Io, che parlo tanto di verità.

Paradossale è il fatto che talvolta mi ringrazino.
Le stesse persone.
Per le stesse parole.
A seconda dei momenti.
Dipende dagli argomenti.
Dalla scala di valori.
Di norma preferiscono domande comode, tutto qua.
Profili bassi e pedalare.

Paradossale è la coscienza delle persone.
L'uso che se ne fa.
Gabbia o maschera.
Guida o Giuda.
Definirla è davvero troppo.
Ognuno ha quella che si merita.

La mia spesso urla, reclamando attenzione come un neonato.
Mi costringe incessantemente a riflettere, come uno specchio, immagini del mondo in cui vivo.
A riproporre contenuti, come fiotti di vomito. O come carezze.
Mi porta a cercare.
A modificare abitudini.
Rimandandomi al creatore.

La mia coscienza non giudica più.
Nemmeno chi lo fa.
L'ho smussata col cesello.
Allenandola a centrare.
Perché funziona come la mira.

In buona sostanza, concludendo il contenzioso, sarà anche paradossale sentirsi dare dello stupido.
Ma, in tutta onestà e con estrema coscienza, ho smesso di aver ragione.
Ho smesso di provarci.
M'importa soltanto scambiare.
Chi accetta è il benvenuto.
Chi no, no.